Sorto con un carattere di provvisorietà nel 1527 in seguito a una terribile carestia che spinse migliaia di poveri e malati dalle campagne in città, l'Ospedale dei Derelitti conobbe in seguito un notevole sviluppo. All'inizio la direzione fu affidata a Girolamo Miani che perfezionò la sua vocazione religiosa dedicandosi a lenire le sofferenze dei malati, ma soprattutto dei fanciulli orfani. Accolti, curati, sfamati, questi ricevettero un'educazione cristiana, una cultura e l'insegnamento di un lavoro che consentisse loro di affrontare autonomamente la vita.
Numerosi furono coloro che si unirono a questa missione: il pittore Lorenzo Lotto fu tra i primi governatori dell'Ospedaletto, fiancheggiato da un gruppo di uomini di fede e aiutato da esemplari figure femminili del patriziato veneziano che si dedicarono all'educazione delle "putte" (bambine orfane o abbandonate) avviandole al lavoro artigianale dei merletti e all'apprendimento del canto.
Al 1570 si può datare il primo vero ampliamento dell'Ospedale sotto la guida del proto Antonio da Ponte; da qui parte l'avvio della costruzione della chiesa, dedicata a Santa Maria dei Derelitti, alla cui progettazione è legato l'illustre nome dell'architetto vicentino Andrea Palladio, coinvolto in particolare nella definizione dell'altare maggiore.
Fu però il Seicento il secolo che vide gli ampliamenti determinanti nella storia del "pio luogo".
Ciò fu reso possibile dai cospicui lasciti, il più consistente dei quali fu quello disposto nel 1662 da Bartolomeo Cargnoni, un ricco merciaio che per lungo tempo ricoprì la carica di governatore e cassiere dell'Ospedale. Con la ragguardevole somma di 104.000 ducati da lui donati, fu resa possibile la costruzione della nuova fabbrica: tre piani collegati da una splendida scala ellittica progettata dall'architetto Giuseppe Sardi; la Corte delle Quattro Stagioni progettata da Baldassare Longhena e ricavata nello spazio ottenuto dalla demolizione dei fatiscenti edifici cinquecenteschi retrostanti la chiesa allo scopo di creare uno spazio aperto dove le giovani potevano ritrovarsi nei momenti di svago; la geniale e fantasiosa facciata barocca, opera anch'essa dell'architetto veneziano.
Non solo. Vi lavorarono «i migliori Pittori che vivino al presente» (Martinioni, 1663): Matteo Ponzone, Nicolas Régnier, Francesco Ruschi, Ermanno Stroiffi, Pietro Liberi, Carl Loth, Andrea Celesti, Antonio Molinari, contribuirono a rendere la chiesa una significativa galleria della pittura barocca a Venezia.
Il XVII secolo vide anche il progressivo affermarsi della scuola musicale, un fenomeno socio educativo che ben presto si diffuse anche negli altri ospedali cittadini dove si accoglievano fanciulle orfane, così da creare un clima di operosa concorrenza tra i diversi cori femminili. Per affermare l'eccellenza di questa attività all'Ospedaletto, dall'apprendimento del canto polifonico, si passò a quello di diversi strumenti - a fiato e ad arco - per ognuno dei quali vennero assunti e stipendiati prestigiosi maestri, fino a giungere a una vera e propria orchestra con coro formata di circa quaranta elementi.
La grave crisi economica che colpì Venezia nel Settecento, non impedì la realizzazione del ciclo pittorico dei pennacchi: dodici tele che ricoprono la porzione di mura sopra le arcate laterali della navata. Dottori della Chiesa, Evangelisti, Apostoli e Profeti, furono dipinti da artisti emergenti tra i quali un giovanissimo Giovan Battista Tiepolo.
Il coronamento del lungo percorso di prestigio e di eccellenza musicale all'Ospedaletto, fu la realizzazione, nel 1776, della Sala della Musica - riservata all'ascolto di concerti da camera - magnificamente affrescata da Jacopo Guarana, uno fra gli ultimi interpreti del "decorativismo" settecentesco, e dal quadraturista Agostino Mengozzi Colonna.
Un breve arco di tempo separa il momento più felice della produzione musicale dei grandi maestri dal fallimento che nel 1777 coinvolse gli ospedali veneziani.
I governatori quasi si nascosero la gravità della situazione e si lanciarono in quest'ultima impresa, speranzosi di poterne trarre i benefici auspicati, ma soprattutto perché si sentivano responsabili di una tradizione che andava preservata.
La Sala della Musica nacque dalla volontà di tenere alto il prestigio dell'Ospedale e gestire la concorrenza con la Pietà, gli Incurabili e i Mendicanti.
Il coro continuò a operare con livelli musicali di eccellenza, esibendosi al cospetto di ospiti illustri: Giuseppe II (1769), papa Pio VI, lo zar di Russia (1782) e il re Gustavo III di Svezia (1784).
Un anno più tardi cadrà la Repubblica di Venezia. Ma all'Ospedaletto le orfane rimasero fino al 1807 quando la riforma napoleonica dell'assistenza sancì per l'Ospedale dei Derelitti una funzione di ricovero dedicata ai soli anziani.
Visita animata all' Ospedale di Santa Maria dei Derelitti e alla Sala della Musica di Venezia
di Carlo Bertinelli
con Alessandra Brocadello e Carlo Bertinelli
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